La storia della scoperta di Troia è prima di tutto la storia di un grande sognatore, Heinrich Schliemann, e poi un la storia di un mito che non muore mai: la città di Troia.

Chi era Heinrich Schliemann?
Avventuriero, imprenditore ed archeologo, nasce il 6 gennaio 1822 a Neubukow, in Germania e muore il 26 dicembre del 1890 a Napoli. Schliemann era un tipo avventuroso, fin da piccolo il cimitero era una delle sue mete preferite, e adorava le storie sui fantasmi. Quando aveva 9 anni il padre, un predicatore protestante, gli regalò un libro, Storia universale per i ragazzi, del dottor Georg Ludwig Jerrer. Nel libro vi era un’immagine di Troia tra le fiamme, con le possenti mura, Enea che fuggiva con il padre ed il figlio Ascanio per mano. Vedendo quell’immagine, il piccolo Heinrich penso che l’autore avesse dovuto vedere la città di Troia.
Ancora giovanissimo s’imbarco, come mozzo, su una nave diretta in Venezuela, ma in seguito ad una tempesta la nave naufragò in Olanda. Il nostro protagonista trovò, qui, lavoro in un ufficio ed iniziò a studiare le lingue moderne: inglese, francese, spagnolo, italiano e portoghese. In seguito venne mandato per lavoro a San Pietroburgo, ed è qui che decolla la sua carriera di commerciante, soprattutto nel traffico dell’indaco.
Con lo scoppio della guerra di Crimea Schliemann si dà al commercio della polvere da sparo, alla fine del 1855 ha un patrimonio di un milione di dollari! Adesso può finalmente dedicarsi alle sue passioni: studia prima il greco moderno e dopo quello antico, legge più volte l’Iliade e l’Odissea, in lingua originale.

A 46 anni va in pensione e inizia i suoi viaggi: Svezia, Danimarca, Italia, Egitto, Nubia e Siria, India, Singapore, Giava, Giappone, San Francisco, Cuba e Messico. Dal 1866 va a vivere a Parigi dove si dedicherà all’archeologia, la scienza che più lo attraeva.
La sua ossessione: trovare la città di Troia
Le sue fonti erano i poemi omerici, in particolare l’Iliade.

Parliamo di poemi, non di trattati storici o geografici, quindi era un bel salto nel vuoto.
Nel 1864 conosce Frank Calvert, il console americano della regione della Troade, che gli indica la collina di Hissarlik, come possibile sito dell’antica Troia. La collina si trova in una posizione strategica, sorveglia lo stretto dei Dardanelli, controllando quindi il collegamento tra l’Europa e l’Asia. La posizione strategica della città si riflette anche sugli studi: da quando è stata identificata è infatti un punto d’incontro tra filologia classica e storia antica, tra archeologia classica e protostorica, tra gli studi indoeuropei e l’ittitolgia.

Si dia inizio agli scavi!
Gli scavi durarono dal 1871 al 1890, con alcune interruzioni. Non essendo archeologo, Schliemann non conosceva il metodo di scavo e andò un pò ad intuito e con una certa irruenza aprì vasti settori di scavo, grandi e profonde trincee dove lavoravano fino a 150 operai.

Non si fece molti problemi a distruggere strati e strutture che non gli interessavano, tutto ciò che gli sembrava successivo ai periodi raccontati da Omero. Lavorando così arrivò fino alla cosiddetta Troia 11, risalente al 2600 – 1400 a.C..

Dal 1882 si unisce alla missione di scavo Wilhelm Dorpfeld, che ne migliora la tecnica d’indagine, l’uso della fotografia e, soprattutto, conserva i testimoni (alte pareti da cui è possibile leggere la stratigrafia dello scavo).
Dorpfeld è stato un vero pioniere nel campo della metodologia archeologica. Lavorò con Schliemann per 3 campagne di scavi: 1882, 1889 e 1890. Una delle cose più importanti che ci ha lasciato sono le sue accuratissime piante di Troia, con le varie fasi indicate con colori diversi.

Come proseguirono gli scavi?
Con Carl William Blegen si stabilì che Troia VI, quella che Dorpfeld aveva indicato come la città omerica, venne distrutta da un terremoto. Lui credeva che la Troia di Omero fosse la VIIa (1300-1200 a.C.): le case di questa fase contengono molte anfore e vasi conficcati nei pavimenti e scheletri, possibile indizio di un’assedio.
A Manfred Korfmann dobbiamo gli scavi più recenti. Dalle sue ricerche è emerso che la Troia VI e la Troia VII sono composte da un’acropoli difesa da mura e da un fossato. Nell’acropoli vi era il centro amministrativo della città, era infatti molto simile ai centro urbani del Vicino Oriente. Non quindi una città di cultura greca, ma anatolica.
Nel 1995 è stato trovato un sigillo del XII secolo con un’iscrizione in lingua ittito-luria, che potrebbe provare i rapporti tra la città e il regno ittita.
Negli archivi di Hattusa, capitale dell’impero Ittita, c’è un contratto di vassallaggio tra il re ittita Muwatalli II e un altro re chiamato Alaksandu. Risale al XIII secolo e il nome del re si traduce con Alexandros, l’altro nome di Paride, figlio del re troiano Priamo. Nel documento Alaksandu è definito “sovrano della città di Wilusa /Vilio”, quello che era il nome più antico di Ilio, la città di Troia. Questo confermerebbe che Troia era una città ittita.
Cosa accadde dopo la Troia omerica?
Nel IV secolo d. C. l’imperatore Costantino scelse questo sito come luogo per la fondazione della sua nuova capitale, ma poi la stabilirà nel sito diBisanzio, ma nel centro della nuova città metterà una statua della Pallade Atena, la stessa presa da Enea a Troia durante la guerra.

Alcune zone della città ed i suoi edifici divennero cave a cielo aperto, da cui estrarre materiale da costruzione, ma Troia fu sede vescovile almeno fino al X secolo e fu abitata fino al XIV secolo.

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